giovedì 11 aprile 2013

IL FAMIGERATO DECRETO 96717: QUELLO CHE NESSUNO, O POCHI, VI HANNO DETTO SUI TITOLI DI STATO ITALIANI


di MAURIZIO MAZZIERO

A partire da quest’anno i risparmiatori che hanno investito in titoli di Stato potrebbero essere soggetti a una decurtazione di capitale esattamente come è successo in Grecia e senza nemmeno saper chi ringraziare. Questo è l’effetto del decreto 96717 del Ministero dell’Economia e delle Finanze, che non fa altro che riprendere una norma del Trattato di Istituzione del Meccanismo Europeo di Stabilità(ESM) sottoscritto dai 17 paesi dell’Eurozona. Ma cosa si dice in questo decreto e per quale motivo è rimasto sinora pressoché ignorato dagli organi di informazione?
La ragione di tanto silenzio può ritrovarsi nel cambio di paradigma a cui è soggetto l’investimento in titoli di Stato, finora ritenuti fra gli investimenti più sicuri. In pratica dall’1 gennaio 2013 tutte le emissioni di titoli di Stato italiani con durata superiore a un anno sono soggetti a delle Clausole di Azione Collettiva (CACs), con quale effetto?
Queste Clausole prevedono che i termini e le condizioni dei titoli di Stato possono essere modificati mediante un accordo tra l’Emittente (lo Stato o Ente collegato) e una percentuale di detentori (gli investitori). Le percentuali sono a seconda dei casi 75%, 66 e 2/3%, e in alcune occasioni 50%; una volta raggiunte tali percentuali le modifiche di termini e condizioni si applicano a tutti i detentori.
Vediamo le modifiche possibili, almeno le più rilevanti:
  • La data dei pagamenti di cedole o rimborsi. Ad esempio: il titolo scade nel 2017? La scadenza viene spostata al 2022. Slittamento possibile anche per le cedole periodiche.
  • La riduzione dei pagamenti e del rimborso. Ad esempio: il titolo valeva 1.000 euro? Ne verranno rimborsati solo 500. Stesso discorso per le cedole periodiche.
  • Il cambio del metodo per calcolare i pagamenti. Ad esempio: il titolo dava un rendimento connesso all’inflazione? Verrà corrisposta solo una frazione della rivalutazione derivante dal variare del costo della vita, oppure non verrà corrisposta affatto.
  • Il cambio della valuta e del luogo di pagamento. Ad esempio: il titolo era emesso in euro? Può essere rimborsato in lire, naturalmente nemmeno il valore di cambio costituisce una certezza.
  • La modifica della seniority. In pratica l’ordine di preferenza con cui il titolo viene rimborsato rispetto ad altri creditori.
Il decreto si addentra in una serie di tecnicalità, ma la sostanza in definitiva è che tutti i titoli di Stato con durata superiore a un anno emessi a partire dal 2013 possono essere modificati a piacere al fine di rispondere alle necessità di cassa dell’Emittente. Le percentuali di accordo da raggiungere non sono in genere un problema, l’abbiamo visto in Grecia, inoltre dopo il lancio delle operazioni di rifinanziamento della BCE (LTRO) in cui vengono prestati denari alle banche a tasso agevolato, queste sono state incoraggiate a impegnare buona parte di tali somme in titoli di Stato della propria nazione. Si è così verificato un lento spostamento della composizione degli investitori verso una detenzione nazionale dei propri titoli di Stato, diminuendo nel contempo l’effetto sistemico nel caso di una ristrutturazione (default) del debito.

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